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Politica è umanità: generare rapporti, costruire reti e intrattenere relazioni.

Urge una forte riscoperta dell'uomo in quanto tale, inteso come individuo carico di bisogni e necessità ai quali sono legati i sentimenti.


Come già detto in un articolo precedente, la politica necessita di ripartire dai territori, in quanto luoghi in cui si realizzano la maggior parte delle dinamiche socio-economiche.


Non possiamo però non considerare, dando per vera la parte precedente, l’importanza che i fattori umani assumono nel campo dell’agire politico. In parole povere, parliamo della capacità di generare rapporti, costruire reti e intrattenere relazioni più o meno durature con persone che, nel bene o nel male, condividono una stessa condizione. Esempio concreto di questa analisi è la capacità di discussione di due individui appartenenti a uno stesso partito politico che quindi, per forza di cose, necessitano di confronti e di rapporti umani.


La politica non può pertanto ridursi a pochi caratteri da social, né a fotografie minime e autoreferenziali della società e dei tempi in cui viviamo. Urge una forte riscoperta dell’uomo in quanto tale, inteso come individuo carico di bisogni e necessità ai quali sono legati sentimenti, nonché pregi e difetti (in termini soggettivi, sia chiaro).


Oggi invece ci si dimentica degli esseri umani e della realtà a essi legata. La politica è diventata, anziché uno strumento da utilizzare per il raggiungimento di fini legati al bene degli individui, un fine proprio che è tutta espressione dell’esagerato desiderio di potere. Per invertire questa rotta occorre fermarsi un attimo, guardarsi intorno e riscoprire i valori di cui tutti devono farsi promotori e difensori. Tornare a guardarsi negli occhi, a scontrarsi sulle idee, a rispettarsi, a incontrarsi, a volersi bene, a gioire e piangere, etc… (potremmo andare avanti per pagine e pagine), è ormai diventato fondamentale. Alla politica come fine dobbiamo sostituire il sorriso delle condivisioni di ideali, della ricerca del bene comune e del contrasto delle differenze. Se si ritorna a fare politica in questo modo, passando poi all’ascolto dei cittadini comuni, delle varie realtà, e quindi dei territori, si può tornare a comprendere e conoscere le necessità e i bisogni che, come detto, sono l’anima degli individui.


La politica diventa quindi umanità, perché si trasforma in strumento di ascolto, di comprensione, di condivisione. Torna a essere elemento d’unione e di passione, di vittorie e sconfitte vissute con felicità e rabbia (che a volte ci sta tutta perché umana anche lei). A questo si aggiunge l’importanza del rispetto dei territori e delle loro dinamiche, nonché delle richieste che da essi provengono. Se non si comprende ciò e non si esce dal finto mondo dell’onniscienza e della sintesi twitteriana, dettati dall’influenza dei social e della televisione, non può esserci alcun miglioramento della politica e della società che viviamo. A noi quindi il compito di provare a salvare ciò che resta di questi tempi moderni, poco umani e molto, troppo, social.


Mattia Giorno

Vice Presidente Nazionale Giovani Democratici


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