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Le 10 cose che il PD deve fare per sopravvivere.

Aggiornamento: 6 apr 2018

Rischio estinzione, Partito finito, Partito defunto. Nicodemo prova a tracciare un decalogo di buone pratiche imprescindibili per un rilancio consapevole.



Oggi c'è una bella intervista a Paolo Virzì che parla del PD su Repubblica. Sullo stesso giornale Claudio Tito scrive del rischio estinzione del PD. Claudio Verardi parla di PD finito, e Enzo d'Errico il Direttore del Corriere del Mezzogiorno da un anno parla di Partito Defunto.


Oggi però è giorno di pace e di accoglienza. Quindi mi va di mandare un messaggio positivo alla comunità a cui appartengo, condividendo con voi un decalogo. Spero vi piaccia.


Le 10 cose che il PD deve fare per sopravvivere:


1 - Tornare a studiare la contemporaneità.

schemi e parole del recente passato sono superati dagli eventi. Serve tornare a leggere e ad ascoltare che cosa si muove in Italia, provando a dare risposte di senso, profonde e che hanno respiro.


2 - Ambire a rappresentare il Paese reale.

Il PD è il primo partito solo tra i pensionati. Le classi e le categorie più mobili e inquiete da tempo guardano altrove. Forse perché le parole e la lingua che abbiamo usato e l'immaginario che abbiamo costruito non solo erano fuori tempo massimo, ma soprattutto urticante per tutti gli altri. Dobbiamo occuparci di tutti gli altri, meno del nostro ombelico autoreferente.


3 - Incarnare di nuovo i valori di progresso.

Uguaglianza, libertà, dignità, umanità sono valori che definiscono il nostro campo. I diritti sociali insieme ai diritti civili. La sfida è tenerli tutti dentro al cambiamento rappresentato dalla modernità, valorizzando chi ce la fa, ma soprattutto aiutando chi resta indietro.


4 - Proteggere gli esclusi.

Un sistema che favorisce le diseguaglianze alla fine rischia di diventare un sistema più povero per tutti, dove il penultimo odia l'ultimo, il terzultimo il penultimo e così via. Dobbiamo invece prenderci cura del capitale sociale delle nostre comunità che è il solo modo per superare le paure dei singoli individui.


5 - Riannodare i fili della comunità democratica.

Il PD rappresenta ancora oggi la più grande infrastruttura democratica del Paese, reale e immateriale, offline/online. Un patrimonio di luoghi e saperi, competenze e solidarietà che va riacceso sulla costruzione di un nuovo progetto.


6 - Non avere fretta di andare a Congresso.

Non serve un altro redde rationem, serve liberare il campo dalle pietre, arare e seminare. Un lavoro lungo e paziente che ha bisogno di molti e non di pochi, perché chiunque si candidi a guidare questa fase deve avere la tempra di chi conduce il suoi in un esodo attraverso il deserto ma anche la fiducia del suo popolo che lo sostiene nella guida.


7 - Ripensare le forme dell'organizzazione e della partecipazione politica.

Le reti, reali e immateriali, sono la nuova forma organizzativa su cui costruire la nuova organizzazione, un nuovo libro mastro e una nuova catena di blocchi in grado di intercettare in disagio e mobilitare la comunità, dal basso su uno schema orizzontale e circolare.


8 - Selezionare la classe dirigente dalle migliori esperienze dei territori, dentro e fuori il PD.

Il PD governa ancora migliaia di città, nella maggior parte dei casi con risultati eccellenti. Spesso sui territori si sono costruiti rapporti fecondi e propositivi con i milioni di italiani che fanno Politica fuori dai partiti, ma nella galassia dell'associazionismo, delle ONG, delle fondazioni e del terzo settore. Questa è già oggi la classe dirigente che serve al Paese, quasi sempre ignorata dal solipsismo dei poteri romani.


9 - Declinare la comunicazione come atto politico e non viceversa.

La comunicazione è un atto politico, mentre la politica non è comunicazione. Per tornare a dettare l'agenda politica serve comprendere appieno dove si forma e attraverso quali strumenti, piuttosto che piegare tutto a un titoletto di giornale o a un hashtag da spingere sui social. Torniamo a costruire cornici di senso in cui l'opinione pubblica si sente di nuovo protagonista.


10 - Smettere di inseguire gli avversari sul loro terreno, sui loro temi e con le loro regole.

A fare i populisti si trova sempre uno più populista che ci manda a casa. Non funziona usare le loro parole d'ordine, la loro sintassi e la loro grammatica. Perché nella migliore delle ipotesi tra la copia e l'originale gli elettori sceglieranno sempre il secondo. Congedare subito tutte quelle forze di attacco e di derisione dell'avversario che hanno favorito la polarizzazione, come nel voto del 4 marzo.


Francesco Nicodemo

Esperto di Comunicazione e Innovazione Digitale

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